Con la legge di Stabilità del 2016, l’Italia è diventato il primo paese dell’UE a prevedere nel proprio ordinamento le Società Benefit. Questa nuova forma d’impresa nasce con l’intento di  coniugare obiettivi “profit”, tipici delle società commerciali, e obiettivi “non profit” di natura sociale  e/o ambientale di cui la società intende farsi carico ed è stata introdotta con l’intento di coniugare  crescita e sviluppo sostenibile.

 

La Società Benefit, infatti, attraverso previsioni statutarie, si vincola ad adottare determinate condotte ad alto valore sociale ponendosi, in questo modo, in linea di evoluzione rispetto alla responsabilità sociale d’impresa (“Corporate Social Responsibility”), intesa come quella politica di autoregolamentazione a cui la società stessa decide di sottoporsi, al fine di rendere etici la propria  mission e il proprio business model.

 

Ispirandosi alle Benefit Corporation statunitensi, il legislatore ha previsto l’introduzione, non già di un nuovo tipo societario, da aggiungere a quelli previsti al libro V, titoli V e VI del Codice Civile, ma la possibilità per i tipi societari già previsti di configurarsi come “SB” (Società Benefit).

 

La nuova disciplina, tuttavia, non prevede per le Società Benefit vantaggi specifici o deroghe espresse all’ordinaria disciplina di diritto societario. Sarà dunque il potenziale derivante dalla  possibilità di fregiarsi del titolo di “SB” e, in particolare, il collegato valore reputazionale che deriva  dalla considerazione di trasparenza legata a questo “marchio”, a determinare l’attrattiva verso questa  nuova qualifica.

 

Le Benefit Corporation devono essere volte al raggiungimento di una o più finalità di beneficio comune operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori, ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori d’interesse  (cfr. art. 1 comma 376, l. 208/2015).

 

Per perseguire questi scopi le Società Benefit devono, in particolare:

  1. indicare specificatamente nell’oggetto sociale e, quindi, nello statuto le finalità di beneficio comune (cfr. art. 1 comma 377, l. 208/2015);
  2. adottare uno standard di valutazione esterno al fine di valutare l’impatto che l’attività della società ha in termini di beneficio comune (cfr. art. 1 comma 378, l. 208/2015);
  3. orientare la responsabilità degli amministratori in modo da bilanciare l’interesse dei soci e il perseguimento di finalità di beneficio comune (cfr. art.1 comma 380, l. 208/2015);
  4. allegare al bilancio societario, con cadenza annuale, una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune che includa: (i) la descrizione degli obiettivi specifici, (ii) la valutazione dell’impatto generato e (iii) la descrizione dei nuovi obiettivi (cfr. art.1 comma 382, l. 208/2015).

 

La Società Benefit che non persegua le finalità di beneficio comune è soggetta alle norme in materia di pubblicità ingannevole (d.lgs. 145/2007) e alle disposizioni del codice del consumo (d.lgs. 206/2005); il compito di valutare il comportamento tenuto alla luce degli impegni assunti e degli  standard applicati è svolto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che è dotata di pieni  poteri in quanto ente responsabilizzato a vigilare sull’effettiva applicazione delle finalità di  beneficio comune (cfr. art.1 comma 384, l. 208/2015).

 

 

Matteo L. Vitali – Agostino Contini

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