Il 20 agosto 2013 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 9 agosto 2013 n. 98, di conversione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia. Le nuove disposizioni sono entrate in vigore il 21 agosto, giorno successivo a quello della pubblicazione in G.U. della legge.

Tra le varie novità introdotte, di notevole interesse risultano quelle relative alle procedure fallimentari, in particolar modo con riferimento all’istituto del concordato preventivo «con riserva» o «in bianco» (cfr. art. 161, sesto comma, Legge Fallimentare).

  • Origine e finalità delle modifiche legislative

Fine dichiarato delle modifiche alla disciplina originaria è quello di risolvere alcune delle problematiche applicative sorte nella prassi e rilevate dalle prime decisioni dei tribunali.

A seguito della sua introduzione, infatti, il concordato in bianco ha visto un aumento esponenziale del suo utilizzo da parte di imprenditori in difficoltà, incentivati dalla snellezza degli adempimenti (necessità di presentare una documentazione circoscritta a tre bilanci) e dalla protezione garantita contro le azioni esecutive e le misure cautelari nei confronti del patrimonio del debitore.

Le novità normative sembrano essere dirette soprattutto a correggere quelle “derive  quasi abusive” evidenziate – anche a livello statistico – nell’utilizzo dell’istituto e dovute dalla presenza di domande spesso volte solamente a rinviare nel tempo il momento del fallimento, nonostante lo stesso risulti di fatto inevitabile.

  • L’incremento degli obblighi informativi in capo all’imprenditore

Con l’obiettivo di incrementare la trasparenza informativa nella fase di presentazione dell’istanza, al debitore è ora richiesto di accompagnare la domanda di concordato con informazioni maggiormente dettagliate: oltre agli ultimi tre bilanci di esercizio, viene infatti ora richiesta la presentazione dell’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti.

L’informativa periodica di natura finanziaria dovuta dal debitore, prima dell’intervento riformatore disposta con decreto secondo la scelta discrezionale del tribunale, diviene ora obbligatoria: essa avrà cadenza mensile e dovrà essere inoltre pubblicata nel Registro delle Imprese. La previsione della pubblicazione della situazione finanziaria aggiornata dovrebbe ora garantire una maggiore protezione per i creditori, che potranno così pienamente valutare l’effettiva stabilità dell’impresa e l’attività da essa svolta, con la possibilità di decidere se promuovere o meno eventuale istanza per la dichiarazione di fallimento.

  • La possibilità di abbreviamento dei termini concessi, in caso di “lassismo” dell’imprenditore

L’imprenditore dovrà inoltre comunicare al tribunale le attività compiute ai fini della predisposizione del piano da presentare ai creditori e, qualora queste appaiano manifestamente inidonee, il tribunale, anche d’ufficio, sentiti il debitore e il commissario giudiziale, potrà disporre la riduzione dei termini già fissati.

In particolare, l’ottavo comma dell’art. 161 della Legge Fallimentare, è sostituito con il seguente: «Con il decreto che fissa il termine di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell’impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo (1). Quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori».

  • La possibilità di nomina di un commissario giudiziale

Infine, per ottimizzare la trasparenza e la veridicità dei dati presentati dall’imprenditore, il tribunale può scegliere di nominare un commissario giudiziale affinché questi svolga un esame delle scritture contabili e sorvegli l’attività e gli adempimenti posti in essere dal debitore. Si prevede al riguardo quanto segue: «Con decreto motivato che fissa il termine di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commissario giudiziale di cui all’articolo 163, secondo comma, n. 3; si applica l’articolo 170, secondo comma (2). Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall’articolo 173 (3), deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all’articolo 15 (4)


  • Si riportano in nota, per comodità, i riferimenti normativi operati dal nuovo testo di legge. Qui di seguito, i commi secondo e terzo dell’art. 162: «(ii) Il Tribunale, se all’esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui agli articoli 160, commi primo e secondo, e 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore. (iii) Contro la sentenza che dichiara il fallimento è proponibile reclamo a norma dell’articolo 18. Con il reclamo possono farsi valere anche motivi attinenti all’ammissibilità della proposta di concordato».
  • «(ii) I libri sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale».
  • «(i) Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. La comunicazione ai creditori è eseguita dal commissario giudiziale a mezzo posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo 171, secondo comma. (ii) All’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell’articolo 18. (iii) Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del »

Matteo L. Vitali

Filippo Caprotti

1. La disciplina contenuta nel TUF

L’art. 30 del d.l. n. 179 del 18 ottobre 2012 (“Decreto crescita bis”, convertito, con modificazioni, nella l. n. 221 del 17 dicembre 2012) ha introdotto nel Testo Unico della Finanza (TUF), tra l’altro, gli articoli 50-quinquies e 100-ter, rispettivamente relativi alla “Gestione di portali per la raccolta di capitali per le start-up innovative” e alle “Offerte attraverso portali per la raccolta di capitali”.

Si tratta, in particolare, del primo tentativo europeo di prevedere una normativa specifica e organica al fenomeno del c.d. equity crowdfunding, termine con il quale ci si riferisce a un processo di raccolta del capitale di rischio tale per cui uno o più soggetti (non necessariamente investitori istituzionali) acquistano strumenti finanziari emessi da società con i quali vengono poi finanziati specifici progetti imprenditoriali (1). Al fine di facilitare la diffusione di questo nuovo strumento per l’attività di fund-raising da parte delle c.d. «start-up innovative» (2), la disciplina prevede essenzialmente il ricorso a portali internet quali strumenti per la sottoscrizione di strumenti rappresentativi del capitale sociale. Le citate disposizioni consentono infatti la creazione di portali on-line ai quali gli investitori interessati potranno connettersi per visualizzare tutte le offerte disponibili sul mercato, le loro caratteristiche e la descrizione del progetto che ne sta alla base; una volta reperite tali informazioni, sarà possibile per il fruitore del portale effettuare l’investimento.

In particolare, l’art. 50-quinquies TUF – l’unica norma di cui si compone il nuovo Capo III-quater

– definisce i “gestori di portali”, cioè coloro che “esercitano professionalmente il servizio di gestione di portali per la raccolta di capitali per le start-up innovative e [sono] iscritti nel registro” appositamente tenuto dalla  Consob.  Tale  norma  contiene  poi  una  delega  alla  Consob,  cui  spetta  il  compito  di determinare, con regolamento, i principi e i criteri relativi: “a) alla formazione del registro e alle relative forme di pubblicità, b) alle eventuali ulteriori condizioni per l’iscrizione nel registro, alle cause di sospensione, radiazione e riammissione e alle misure applicabili nei confronti degli iscritti nel registro; c) alle eventuali ulteriori cause di incompatibilità; d) alle regole di condotta che i gestori di portali devono rispettare nel rapporto con gli investitori, prevedendo un regime semplificato per i clienti professionali”. Alla Consob spetta anche il ruolo di vigilanza sui gestori di portali per verificare l’osservanza delle disposizioni dettata dal TUF, oltre che dalla relativa disciplina di attuazione.

L’art. 100-ter TUF – incluso nella Sezione II del Capo I del Titolo II del TUF dedicato all’appello al pubblico risparmio e, in particolare, all’offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita – prescrive, innanzitutto, che le offerte al pubblico condotte attraverso i portali possono avere ad oggetto soltanto la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle start-up innovative al di sotto della soglia che sarà individuata dalla Consob, destinataria altresì della delega a determinare la disciplina applicabile a tale peculiare tipologia di raccolta del capitale di rischio.

2. La disciplina di rango secondario: dal processo di consultazione al nuovo Regolamento Consob

Al fine di dare attuazione alla normativa primaria contemplata dal TUF, pertanto, era imprescindibile il contributo della Consob. La Commissione, esercitando la delega, ha quindi redatto una prima disciplina regolamentare all’inizio del 2013.

Successivamente, è stata indetta una consultazione pubblica che ha coinvolto associazioni di categoria e studi legali la quale si è conclusa il 30 aprile 2013. Al termine di detta fase, raccogliendo le osservazioni pervenute, la Consob ha provveduto, con delibera n. 18592 del 12 luglio 2013, ad emanare il “Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali on-line” (il “Regolamento”). Come si è avuto modo di rilevare all’indomani dell’approvazione del nuovo Regolamento esso non ha mantenuto l’originario impianto con la conservazione pertanto di disposizioni particolarmente onerose per i gestori dei portali.

Infine, la Commissione ha formulato la comunicazione del 1° agosto 2013, con cui ha fornito chiarimenti circa lo svolgimento dell’attività di gestione di portali on-line per la raccolta di capitali da parte di banche e imprese di investimento.

3. Gli obiettivi della disciplina regolamentare

Già alla luce della prima descrizione del fenomeno è immediato comprendere come il legislatore abbia delegato alla Consob la predisposizione di questo Regolamento nell’ottica di stimolare la crescita economica del Paese che permea tutto il Decreto crescita bis. In altre parole, il compito della Consob – e con esso quello del Regolamento – è stato quello di creare un quadro di riferimento affidabile che generi fiducia negli investitori, al fine di agevolare la raccolta dei capitali necessari al sostegno di società medio-piccole (tipiche del tessuto economico italiano) nello svolgimento delle loro attività innovative.

L’investimento nelle start-up innovative è appunto agevolato dallo sfruttamento dei portali on-line, i quali forniscono agli investitori le informazioni sulle start-up e sulle singole offerte tramite la predisposizione di schede dettagliate (di cui il Regolamento fornisce un modello standard all’Allegato 3). L’operare delle piattaforme on-line è quindi cruciale per il successo del Regolamento nella creazione di un ambiente finalizzato e funzionale al finanziamento delle start- up: è stata pertanto cura della Consob garantire la qualità e l’affidabilità del servizio svolto dai portali tramite la predisposizione di una serie di requisiti e regole rivolti a coloro che gestiscono tali portali.

4. Le prescrizioni del Regolamento

Il Regolamento si compone di 25 articoli che possono essere ricondotti sostanzialmente a quattro punti essenziali.

Gli articoli 1-3 forniscono le disposizioni generali, contenendo le deleghe regolamentari, le definizioni e predisponendo un canale di comunicazione preferenziale con la Consob (tramite il seguente indirizzo di posta elettronica certificata: portalicrowdfunding@pec.consob.it).

Gli articoli 4-12 prescrivono la disciplina riguardante il registro dei gestori e comprendono anche le previsioni concernenti la procedura di iscrizione, i requisiti per l’accesso alla stessa e le cause di sospensione e cancellazione dal registro.

Gli articoli 13-23, che rappresentano il “cuore” del Regolamento, riguardano invece gli obblighi di comportamento relativi ai gestori, nonché le garanzie predisposte a tutela degli investitori. La violazione di tali obblighi comporta, ovviamente, l’irrogazione di sanzioni quali la sospensione e la radiazione dal registro.

Infine, gli articoli 24 e 25 riguardano la disciplina delle offerte eseguite tramite i portali.

5. I gestori dei portali

I gestori sono suddivisi in due categorie di soggetti, ossia (i) quelli autorizzati dalla Consob e iscritti a un apposito registro tenuto a cura della stessa Commissione; e (ii) le banche e le imprese di investimento (“SIM”) già autorizzate a fornire servizi di investimento (la stessa ripartizione è replicata nella disciplina del registro dei portali tenuto dalla Consob, in cui i soggetti appartenenti alla prima categoria sono iscritti nella sezione ordinaria e quelli inclusi nella seconda nella sezione speciale).

Con particolare riferimento alle banche e alle imprese di investimento non vengono dettate ulteriori regole nell’ambito del Regolamento rispetto a quelle già previste nel TUF (e nelle relative discipline attuative), essendo la normativa primaria ritenuta più che esaustiva sotto tale profilo.

Al contrario, il Regolamento prevede specifici requisiti soggettivi per i gestori iscritti alla sezione ordinaria. Infatti si prevede che: (i) il gestore debba avere la forma giuridica di società di capitali,

(ii) i soci di controllo di tale società debbano possedere i requisiti di onorabilità (previsti dal Regolamento all’art. 8), (iii) i soggetti che svolgono ruoli amministrativi, direzionali e di controllo di tale società debbano possedere i requisiti di onorabilità e professionalità (previsti dal Regolamento all’art. 9), e (iv) il gestore debba presentare una relazione sull’attività di impresa e sulla struttura organizzativa (art. 7). La perdita di uno dei presenti requisiti comporta la cancellazione dal registro da parte della Consob stessa (art. 12). A tali gestori si applica poi una disciplina meno rigorosa rispetto a quella dettata per gli intermediari di tipo tradizionale: tale circostanza è controbilanciata dalla impossibilità per tali gestori di (i) detenere somme di denaro degli investitori e (ii) eseguire direttamente gli ordini per la sottoscrizione degli strumenti finanziari offerti sui propri portali, dovendo tali ordini essere trasmessi a banche o SIM.

6. Il percorso di investimento consapevole

Allo scopo di favorire la trasparenza e la qualità delle informazioni fornite tramite i portali, di garantire fiducia negli investitori e, quindi, di incentivare la predisposizione all’investimento di capitali, il Regolamento prevede un vero e proprio “percorso di investimento consapevole”, per cui per accedere alla sezione “operativa” del portale è necessario effettuare un triplice passaggio: prendere visione delle informazioni di «investor education», rispondere correttamente a un questionario sulle caratteristiche dell’offerta e sui rischi ad essa connessi e dichiarare di essere in grado di sostenere, eventualmente, anche l’intera perdita (art. 15).

7. Le informazioni reperibili sui portali

Le informazioni a cui l’investitore deve poter accedere tramite il portale (e, viceversa, di cui il gestore deve garantire l’accessibilità al pubblico) sono sostanzialmente di tre tipi: quelle relative al portale (art. 14), quelle relative all’investimento (art. 15) e, infine, le informazioni riguardanti la singola offerta (art. 16).

Per ciò che concerne il portale, l’investitore deve essere messo a conoscenza (i) dell’identità del soggetto che gestisce il portale, (ii) delle attività svolte dal portale, (iii) di come sono gestiti gli ordini e la loro sottoscrizione, (iv) dei costi a suo carico, (v) delle misure predisposte dal portale per la gestione dei rischi di frode/conflitti di interesse/reclami/trattamento dati, (vi) dei risultati raggiunti dal portale, (vii) della normativa di riferimento (vale a dire del Regolamento e del TUF),

(viii) delle sanzioni che la Consob ha adottato nei confronti del gestore del portale e (ix) delle iniziative assunte nei confronti delle start-up in caso di inosservanza delle regole di funzionamento del portale.

Con riferimento all’investimento operato in capitale di rischio emesso da una start-up innovativa, l’investitore deve essere informato su: (i) il rischio di perdere l’intero capitale, (ii) il rischio di non poter liquidare in tempi brevi l’investimento, (iii) la mancata partecipazioni ai dividendi fino al momento in cui la società resti start-up innovativa, (iv) i benefici fiscali, (v) il business plan e (vi) il diritto di recesso attribuito dal Regolamento stesso ed esercitabile entro il termine di 7 giorni a decorrere dall’adesione all’offerta.

Infine, relativamente alla singola offerta, l’investitore deve poter reperire sul portale: (i) una scheda con tutte le informazioni indicate dalla Consob (l’Allegato 3 del Regolamento), (ii) le banche o le SIM cui saranno trasmessi gli ordini, (iii) il c/c della start-up innovativa, (iv) le informazioni e le modalità per esercitare il diritto di revoca dell’adesione all’offerta e (v) le informazioni aggiornate circa le complessive adesioni all’offerta.

8. L’adesione all’offerta

Una volta avuto accesso a tutte queste informazioni e completata la “procedura di investimento consapevole”, se l’investitore decide di aderire all’offerta, il gestore del portale trasmette (in maniera “rapida, corretta ed efficiente”) l’ordine alla banca o alla SIM indicata nell’offerta stessa. Solo queste ultime saranno legittimate a dare seguito all’effettiva conclusione del processo, consistente nella sottoscrizione degli strumenti finanziari.

Questa fase rientra pertanto nell’ambito di applicazione della disciplina riguardante i servizi di investimento che pone in capo ai soggetti autorizzati una serie di obblighi informativi e comportamentali (si tratta della normativa prevista dal TUF e dal c.d. MiFID). Tuttavia – sempre nell’ottica di favor per lo sviluppo del crowdfunding – il Regolamento prevede un’esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di investimento per quegli investimenti che siano complessivamente sotto la soglia di (i) 500 euro per singolo ordine e 1.000 euro per ordini complessivi annuali, in caso investitore persona fisica e (ii) 5.000 euro per singolo ordine e 10.000 euro per ordini complessivi annuali, in caso di investitore persona giuridica (art. 17).

9. Ulteriori obblighi dei gestori

Il Regolamento prevede, oltre a quelli informativi appena visti, anche ulteriori obblighi posti a carico dei gestori dei portali. Alcuni sorgono in ragione degli strumenti tecnici utilizzati, comportando il dovere di dotarsi di sistemi operativi “affidabili e sicuri”, di individuare le fonti di rischio operativo e predisporre le relative precauzioni e procedure di controllo (come, ad esempio, dispositivi di backup) (art. 18). È poi sancito un obbligo di riservatezza relativo a tutte quelle informazioni di cui il gestore entra in possesso nell’esercizio della sua attività (art. 19).

La documentazione e la corrispondenza connesse alla gestione del portale – rappresentando materiale di sostanziale importanza per la trasparenza e qualità del servizio offerto – devono essere conservate dal gestore per almeno cinque anni (art. 20).

Da ultimo, il gestore ha l’obbligo di comunicare prontamente alla Consob (i) eventuali variazioni dello statuto sociale, (ii) variazioni relative ai soggetti che detengono il controllo, (iii) variazioni relative ai soggetti che svolgono le funzioni di amministrazione, direzione e controllo, (iv) il venir meno dei requisiti di onorabilità e le relative delibere di sospensione e revoca della carica.

Oltre a tali obblighi (il cui sorgere in capo al gestore è solo eventuale), ve ne sono poi alcuni di automatica applicazione e da adempiere entro il 31 marzo di ogni anno; essi riguardano in particolare: (i) la predisposizione di una relazione sulle attività svolte e sulla struttura organizzativa (secondo lo schema dell’Allegato 2 del Regolamento), (ii) la comunicazione dei dati sull’operatività del portale, (iii) i dati sui casi di discontinuità operativa e sulla relativa durata e, infine, (iv) i dati sui reclami ricevuti (art. 21).

10. I provvedimenti cautelari e sanzionatori

La violazione degli obblighi previsti dal Regolamento può generare in capo al gestore un provvedimento sia cautelare (se sussistono fondati elementi dell’esistenza di gravi violazioni e per un periodo non superiore ai 90 giorni, art. 22), sia sanzionatorio.

Quest’ultima tipologia, in particolare, si suddivide in due categorie: la sospensione dall’attività di gestore in caso di violazione delle regole di condotta e la radiazione dal registro nelle più stingenti ipotesi di a) svolgimento dell’attività in assenza delle condizioni richieste dal Regolamento, b) contraffazione della firma dell’investitore, c) acquisizione/detenzione di somme di denaro/strumenti finanziari di pertinenza di terzi, d) comunicazione alla Consob di informazioni/documenti inveritieri, e) mancata comunicazione alle banche o alle SIM dell’esercizio del recesso da parte dell’investitore e f) ogni altra violazione di specifiche regole di condotta di particolare gravità (art. 23).

11. Gli strumenti finanziari emessi dalle start-up innovative

Sia il TUF sia il Regolamento vigente prevedono, infine, regole speciali riguardanti le offerte on- line di strumenti finanziari emessi da start-up innovative, in particolare, stabilendo che esse: (i) non possono superare la somma di 5 milioni di euro, (ii) possono essere gestite solo da portali curati da soggetti iscritti nel Registro della Consob, (iii) possono avere ad oggetto solo strumenti finanziari rappresentativi del capitale di rischio, (iv) vanno a buon fine solo se il 5% dell’ammontare è sottoscritto da un investitore professionale, (v) devono riconoscere il diritto di revoca agli investitori per i casi di significativi mutamenti nella start-up o nelle condizioni dell’offerta e (vi) possano provenire solo da società i cui statuti prevedano il diritto di recesso in caso di trasferimenti del controllo e la pubblicazione dei patti parasociali (art. 24).

12. Il diritto di pentimento

Infine, quale significativa garanzia a tutela degli interessi degli investitori retail, il Regolamento conferisce loro il “diritto di cambiare idea”, che si configura quale diritto di recesso da esercitarsi entro 7 giorni dall’adesione (o dal pervenire di nuove informazioni concernenti l’investimento) e senza alcuna spesa (art. 25).

  1. I rischi connessi al crowdfunding

Il Regolamento predisposto dalla Consob appare coerente con l’intento di facilitare la raccolta di capitali presso il pubblico e, tuttavia, esso presenta dei “lati oscuri” che rappresentano inevitabilmente dei rischi per gli investitori.

A tale proposito, si osservi che, ad esempio, rivolgendo l’investimento esclusivamente verso le

c.d. start-up innovative si convoglia senz’altro l’intero flusso di capitali reperibili sul mercato verso queste ultime e, tuttavia, si determina investimenti che, necessariamente, non potranno essere riferiti né alla storia della società, né al settore in cui opera, né ai risultati che essa abbia conseguito. In altri termini, gli investitori potranno unicamente confrontarsi e apprezzare l’idea proposta e contenuta nel progetto, con il rischio che la decisione di investire sia presa per lo più da un punto di vista “emozionale” piuttosto che basandosi su elementi economici e razionali. Altro elemento è dato poi dalla possibilità di sottoscrivere unicamente strumenti di capitale di rischio che, se da un lato garantiscono l’apporto alla società di risorse fresche senza esporla all’indebitamento (ma, appunto, unicamente per mezzo di equity), dall’altro generano un rischio molto più elevato per l’investitore e che consiste, di fatto, nella possibilità di perdere l’intero capitale investito.

Il Decreto crescita bis, disponendo il divieto di distribuzione di utili alle start-up innovative ha sostanzialmente imposto che tutte le ricchezze generate da questo tipo di società non possano fuoriuscire da esse ma, anzi, vengano puntualmente reinvestite, assicurando ulteriori capitali. La disposizione, senz’altro lodevole per la crescita delle imprese, fa però sì che l’investitore, almeno per i primi anni, possa esclusivamente godere dell’accrescimento del valore della propria partecipazione (dato dal reinvestimento degli utili nella società cui partecipa) e non abbia invece alcun accesso ad una forma di ricchezza “diretta” come gli utili.

Altra disposizione di rilievo del Decreto crescita bis, al pari della precedente, è senz’altro quella che vieta alle start-up innovative di negoziare nei mercati organizzati i propri strumenti finanziari. Questa norma, se da un lato “protegge” la società dall’esposizione al mercato e alle sue oscillazioni, dall’altro potrebbe far sì che gli strumenti acquisiti dagli investitori tramite i portali siano poi difficilmente cedibili e, conseguentemente, illiquidi. Da ciò, oltre che la difficoltà per i sottoscrittori di effettuare il c.d. disinvestimento, deriva anche la difficoltà di calcolare il reale valore di mercato degli strumenti emessi.

Infine, l’utilizzo di uno strumento così diffuso e potenzialmente di grande impatto quale internet, pur rappresentando un’innovazione di grande portata e di enorme facilitazione per il movimento di capitali dalle mani dei piccoli investitori alla loro valorizzazione in imprese ad alto contenuto tecnologico e innovativo, risulta di fatto anche idoneo alla proliferazione di truffe.

Da questa panoramica, emerge che l’investitore correttamente informato debba essere indotto a investire: (i) solo ed esclusivamente un capitale di cui possa permettersi la totale perdita, (ii) dopo aver raccolto adeguate informazioni e averle giudicate sulla base di elementi economici e razionali, (iii) con la consapevolezza che, almeno inizialmente, difficilmente percepirà un beneficio economico immediato dalla partecipazione e altrettanto difficilmente gli sarà possibile disinvestire e (iv) facendo ben attenzione alle credenziali del gestore del portale, verificando il registro dei gestori predisposto dalla Consob e controllando eventuali anomalie, posto che la raccolta di capitali promossa tramite portali si perfeziona sempre e solo tramite banche o SIM.

Matteo L. Vitali

Giacomo De Zotti

Direttiva (UE) 2019/1023 del parlamento europeo e del consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza).